Il CesUE in collaborazione con l’Università Roma Tre, nell’ambito del progetto Jean Monnet “WeEU”, organizza e promuove la conferenza “Reforming the Eu” il 24 e 25 febbraio 2021. A seconda dell’evoluzione epidemiologica la conferenza sarà ospitata dall’Università Roma Tre o più probabilmente si terrà in modalità on-line.
Accademici, giovani studiosi, rappresentanti delle organizzazioni della società civile e di think-thank sono invitati a riflettere sul tema della riforma istituzionale dell’UE.
CALL.4.PAPERS
Alla vigilia di Natale 2019, seguendo l'iniziativa del Presidente Macron, la nuova presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha presentato la proposta di una Conferenza sul futuro dell’Europa.
Doveva essere l’occasione per la rinascita del processo d’integrazione europea; il simbolo del suo riavvicinamento ai cittadini ed alle loro esigenze. Immaginata all’inizio come una sorta di Assemblea Costituente, era stata presto derubricata a semplice organo consultivo dei veri attori del cambiamento in Europa (le istituzioni europee), togliendo spazio e voce alla società civile. Sarebbe dovuta partire il 9 maggio 2020 e i lavori sarebbero durati fino al 2022.
La crisi del Covid-19, ha tuttavia rivoluzionato l'agenda ed ha fatto crescere la percezione che serva un cambio di passo radicale verso un’architettura istituzionale e costituzionale più coesa, solidale, capace di decisioni rapide. L’appuntamento con la Conferenza è stato prima rinviato all’autunno, compatibilmente con l’evolversi della pandemia, poi presumibilmente all'anno prossimo.
La domanda di fondo che intendiamo porci è se la Conferenza sul futuro dell’Europa, così com’era stata immaginata prima della pandemia, abbia ancora senso o se invece serva immaginare il futuro dell’Europa in altro modo. Quali attori devono poter esprimere la loro voce? In che modo devono essere coinvolti i cittadini e deve essere favorita la partecipazione dal basso? In quale forma devono essere condotte le discussioni? Quale esito deve essere previsto per i risultati della Conferenza in modo che diventi una discussione utile per il futuro della Ue?
Deadline per l’invio dell'abstract: 13 Gennaio 2020, invia l'abstract compilando il seguente form oppure
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Deadline per l’invio del paper definitivo: 1 febbraio 2021.
I lavori selezionati saranno pubblicati in un numero speciale della rivista Perspective on Federalism.
Comitato scientifico:
- Roberto Castaldi
- Giacomo Delledonne
- Salvatore Aloisio
- Susanna Cafaro
- Andrea Cofelice
- Francesco Costamagna
- Olimpia Fontana
- Fabio Masini
- Claudia Morini
- Annamaria Viterbo
Il Covid di certo non fermerà gli sbarchi di immigrati. Necessità di rigidi controlli sanitari per non compromettere la salute di loro stessi e quella degli italiani. È caos a Lampedusa.
L'emergenza sanitaria da Covid-19 ha messo a dura prova il governo sul tema dell'immigrazione aggravato dai continui sbarchi avvenuti anche nel periodo di isolamento durato circa 60 giorni (lockdown). Il governo ha emesso perciò delle misure in materia di immigrazione nei decreti-legge Cura Italia e Rilancio.
Nelle ultime ore un gruppo di settanta migranti sono stati avvistati a largo di Caulonia, sbarcati successivamente nel porto di Roccella Jonica.Secondo le procedure sanitarie sono stati eseguiti i test e sono risultati positivi 28 tra il gruppo di migranti,messi tempestivamente in quarantena. E' caos anche a Lampedusa,epicentro degli sbarchi di migranti,ove sono sbarcati oltre 600 migranti in attesa delle preocedure sanitarie."Cosi' non può andare bene, il prezzo lo paga tutto la Sicilia"scrive l'assessore alla salute della Sicilia in un commento su Facebook. Negli ultimi giorni a Lampedusa hanno continuato a sbarcare navi trasportanti migranti, c'è bisogno dell'intervento tempestivo del governo a sostegno delle strutture Siciliane per assistere l'accoglienza in totale sicurezza a rispetto delle norme generali di sanità.
La situazione in Europa: come vengono gestiti i flussi di immigrati,un sistema non molto conveniente per stati come Italia e Grecia.
La gestione dei migranti durante il Covid-19 e non solo non è stata facile e tuttora è al centro di polemiche, cambiamenti, accertamenti. La gestione dei migranti è strata definita e organizzata secondo il "regolamento di Dublino".
Tale convenzione stabilisce che la gestione dei migranti e delle domande di asilo di quest'ultimi è affidata esclusivamente al paese in cui è avvenuto lo sbarco,cosi' facendo paesi come Italia e Grecia hanno dovuto sostenere gran parte delle crisi migratorie.Per fortuna l'Unione Europea ha attivato diverse misure a sostegno dei paesi più colpiti attivando un fondo che ammonta a 3 mlr. Come già sappiamo il Covid-19 presenta in percentuale smisurata persone di età comprese tra 12-30 anni che risultano portatori del virus.Un dato da tenere sott'occhio è l'età dei migranti che si aggira attorno ad un'età inferiore a 28 anni e quindi maggior rischio.
Diversa la partizione dei migranti: i grafici a testimonianza di ciò.
R. E. NANU
Il sistema scolastico italiano è tra gli ultimi in Europa. Bisogna cambiare, una scuola nel XXI°esimo secolo non può rimanere alla riforma del governo Mussolini.
Tutto il mondo da febbraio deve far fronte ad una pandemia alla quale tutti noi abbiamo avuto bisogno di adattarci e cambiare le nostre abitudini. Il “lock-down” ha coinvolto milioni di famiglie che hanno avuto bisogno di riorganizzarsi per far fronte alla quarantena cercando una soluzione a livello pratico, gestionale e lavorativo. Uno dei problemi più gravi sicuramente è stata la chiusura delle scuole che ha messo in difficoltà studenti, docenti, ma certamente, se non sopratutto, i genitori che si sono ritrovati a dover lavorare in smart-working da casa, dovendo gestire i propri figli. Da questa situazione, i paesi europei ne sono usciti in maniera diversa tra di loro: i paesi del Nord-Europa, godendo già di un’ottima organizzazione scolastica anche a livello digitale, indubbiamente hanno trovato molte meno difficoltà rispetto a molti altri paesi dell’Unione Europea, che si sono ritrovati a digitalizzare la scuola senza alcuna esperienza in passato.
Dunque, l’Italia, così come altri paesi, avrebbe potuto affrontare la didattica a distanza in maniera più organizzata e felice?
Il World Economic Forum ha realizzato il “Human Capital Report” nel 2017, uno studio condotto sui Paesi del mondo e basato su alcuni parametri come tasso di iscrizione alla scuola elementare e secondaria, diversità di genere, alfabetizzazione, calcolo, tasso di occupazione, formazione del personale… Stupisce e intristisce dover scorrere questa classifica fino al 35° posto per trovare l’Italia, che però è al 41° posto per tasso di iscrizione alla scuola primaria e secondaria, e addirittura al 107° posto per tasso di disoccupazione e sottoccupazione. I primi dieci posti della classifica vengono occupati dal Nord Europa, dove al primo posto troviamo la Norvegia, e al quarto gli Stati Uniti.
Paesi come, Svezia, Finlandia, Norvegia e Paesi bassi, godono di un ottimo sistema scolastico rivolto al futuro, che prevede una digitalizzazione della scuola avanzata, proprio per permettere agli studenti un’ottima preparazione al mondo d’oggi, sempre più orientato verso il lavoro in modalità online, ovvero “smart-working”. I paesi scandinavi investono molto sull’istruzione e gli studenti universitari ricevono dal governo svedese un sussidio per far fronte alle spese, che dovranno rimborsare al termine del percorso di studi; inoltre il passaggio al mondo del lavoro è serio e proficuo. Il tasso di disoccupazione giovanile è nettamente più basso di quello italiano.
In Italia, infatti, siamo ben lontani dal modello scolastico dell’Europa del Nord, dal momento che abbiamo la spesa per l’istruzione più bassa di tutta la UE, un deficit pubblico a dir poco spaventoso, un sistema scolastico che arranca, basse competenze in scrittura, lettura e calcolo matematico, tutti fattori per cui fatichiamo molto ad agganciarci al resto dell’Europa. l’Italia chiede ai propri studenti, all’età di soli 13-14 anni, di fare una scelta che sostanzialmente definirà la vita scolastica, e dunque lavorativa, cioè la scelta della scuola superiore. Ancora incoscienti di ciò che è veramente il mondo al di fuori della scuola e incontro a che cosa vanno, milioni di giovani studenti ogni anno prendono una scelta che riguarderà il resto della loro vita, e nell’80% dei casi, guidati dai genitori che sperano il meglio per i propri figli, o dagli amici ad effetto “branco”. Suddividendo gli istituti superiori in professionali e licei, ciò che viene percepito dagli studenti è semplicemente: nel primo caso non si studia, nel secondo caso invece sì.
Una volta però intrapreso il percorso di studi, possiamo renderci conto che fondamentalmente in pochi casi vengono valorizzate le vere capacità del singolo alunno, il quale di conseguenza perderà fiducia nelle proprie potenzialità e ritrovandosi a studiare giornate intere materie che non gli interessano nemmeno. In Italia siamo troppo attaccati ad un sistema scolastico che prevede solo l’istruzione del singolo studente senza rilevarne il potenziale e le capacità. Non avere la possibilità di scegliere consapevolmente un percorso di studi che permetta la differenziazione su diversi livelli delle materie scolastiche sicuramente non aiuta gli studenti a vivere l’esperienza della scuola in maniera più interessante, quando invece dovrebbe essere vissuta come un’esperienza positiva.
La scuola italiana che le future generazioni stanno vivendo è una scuola ferma alla legge Daneo-Credaro del 1911 che portò alla statalizzazione delle scuole elementari, fino a quel momento gestite dai comuni, seguita nel 1923 dalla riforma Gentile. Quest’ultima venne promulgata durante il governo Mussolini.
Ecco come la riforma Gentile ripartì la scuola:
- scuola materna: della durata di 3 anni
- scuola media inferiore (ovvero la scuola elementare): della durata di 5 anni
- scuola media superiore: liceo classico, della durata di 3 anni; liceo scientifico, della durata di 4 anni; istituto tecnico, conservatorio e istituto magistrale, della durata di 3/4 anni.
Sorprendente dato che di differenze non se ne possono vedere molte. Nel 2015, con la Legge 13 luglio 2015 n.107 promulgata durante il governo Renzi, vengono elevati i compiti ed i poteri dei dirigenti scolastici, visti come “leader educativi”. Per quanto riguarda gli studenti, viene introdotta la possibilità di personalizzare, a seconda degli obiettivi di studio o lavorativi e, se previsto dall’istituto di appartenenza, il piano di studi. L’alternanza scuola-lavoro viene resa obbligatoria agli studenti provenienti da qualsiasi istituto, non solamente dagli istituti tecnici. Per quanto riguarda gli insegnanti, viene proposto un piano di assunzioni per oltre 100.000 unità. Inoltre la formazione dei docenti in servizio viene resa “obbligatoria, permanente e strutturale“.
Ecco, l’ultima azione fatta per il miglioramento del sistema scolastico italiano cioè l’introduzione dell’alternanza scuola-lavoro, dove sia docenti che studenti si ritrovano in difficoltà perché costretti a cercare attività il più possibile attinenti al percorso di studi, ma molte volte capita purtroppo che non vi sia la possibilità di scegliere qualcosa che sia adatto agli studi dello studente. In Italia questo è stato il massimo che la scuola è riuscita ad ottenere dal governo per modernizzare il sistema scolastico. Non possiamo chiaramente dire che gli studenti, una volta finito il proprio percorso di studi, siano realmente pronti al mondo del lavoro che gli aspetterà al di fuori della scuola.
Prima della quarantena provocata dalla pandemia, in Italia di didattica a distanza, o comunque online, non se ne era mai parlato, l’Italia, si è ritrovata in una situazione mai affrontata prima d’ora dove il corpo docenti è riuscito ad organizzare tutto al meglio e per questo andrebbe ringraziato nel migliore dei modi, ma allo stesso tempo ha dovuto far fronte, come meglio poteva, a nuove difficoltà e adattamento riorganizzando sostanzialmente il proprio lavoro nel minor tempo possibile, e partendo da zero. Pertanto, gli altri paesi europei, hanno trovato le stesse difficoltà? Fortunatamente, ma anche tristemente, la maggior parte degli altri paesi, interagendo già molto di più con la tecnologia, non ha avuto problemi ad adattarsi.
L’Italia non è di certo rinomata anche per le sue meravigliose e moderne strutture scolastiche che accolgono milioni di studenti e docenti diversi ogni anno. Non possiamo permettere ai genitori di avere paura che i propri figli non tornino a casa da scuola perché gli è franato il tetto sulle teste. Sono troppe le scuole che non vengono ristrutturate o quanto meno messe in sicurezza. Per la maggior parte dei paesi d’Europa è totalmente normale avere strutture scolastiche che godono delle migliori attrezzature che permettono un coinvolgimento e apprezzamento degli studenti, anche nelle materie per cui magari sono meno predisposti. Inutile discutere sull’utilizzo di tecnologie sempre più avanzate che in Italia ancora sogniamo.
Per non parlare dell’incredibile impatto ambientale negativo che la scuola italiana provoca per il reperimento di materiale scolastico, che ogni anno deve essere acquistato dalle famiglie per una somma di circa 500 euro annui. Strano, ma vero, ormai già da decenni nelle scuole di quasi tutta Europa viene utilizzato un sistema di noleggio gratuito del materiale scolastico (come libri, computer, tablet ecc.) che viene fornito dalla scuola e alla quale, al termine dell’anno scolastico, viene restituito da parte degli studenti. È anche deludente il fatto che l’Italia sia rimasto uno dei pochi paesi a rendere le attività extra scolastiche, dunque sports, clubs e gruppi di studi, private, quando negli altri stati vengono ritenute fondamentali come attività per valorizzare le capacità e il potenziale degli studenti convertendole anche in borse di studio per l’università.
È per questo che l’Italia deve cambiare, dobbiamo investire sul sistema scolastico italiano, perché investire sugli studenti, significa investire sul futuro, sul futuro di uno dei paesi più belli al mondo.
R. CREATINI
Un argomento di cui si parla molto è l'omosessualità in generale, il peso che l'LGBTQ+ ha su questa società e, l'omofobia nei vari stati. Per fortuna, in Italia siamo vicini all'approvazione della legge contro l'omotransfobia, e per fortuna anche in altri paesi europei ci siamo sempre più vicini.
In Europa, in almeno 8 paesi (Italia, Polonia, Spagna, Portogallo, Francia, Irlanda, Croazia, Paesi Bassi) la popolazione è contraria all'omosessualità come reato, ed è bellissimo vedere le persone che contribuiscono a volte anche ogni giorno, o semplicemente ogni volta che ce n'è bisogno, a migliorare la condizione sociale degli omosessuali; sfortunatamente ci sono anche moltissime persone che invece la considerano un pericolo per vari motivi, motivi che riguardano, secondo alcuni studi, la persona stessa: l'essere persone autoritarie, rigide, insicure e che si sentono minacciate da persone "diverse" da sé stessi, l'anzianità, basso livello di istruzione, avere idee religiose fondamentaliste, non avere contatti personali con omosessuali, provare sensi di colpa nei confronti del sesso o avere atteggiamenti tradizionalisti rispetto ai ruoli di genere.
A volte, atteggiamenti omofobi possono essere presenti anche in persone in lotta con una forte omosessualità latente o repressa, cioè che reprimono il loro essere omosessuali o non sono ancora sicuri di quale sia il loro orientamento sessuale. Tutte queste caratteristiche portano troppe persone a rifiutare l'omosessualità, a tal punto che è usata anche come insulto, o come giustificazione di bullismo fisico e morale.
Troppe persone omosessuali per colpa di tutta questa ignoranza si sentono sbagliate e discriminate dalla società, si suicidano perché non riescono a sostenere moralmente tutto questo peso; la società e il governo, a questo riguardo, nonostante stiano migliorando col passare del tempo e nonostante i vari governi abbiano approvato la maggior parte delle leggi proposte, non stanno ancora facendo abbastanza per evitare disgrazie di questo genere, per evitare che delle persone uguali a chiunque altro soffrano per una cosa per la quale non dovrebbero soffrire.
L'omosessualità non va condannata, non deve essere considerata una malattia mentale, ma deve essere appoggiata come se stessimo parlando di persone eterosessuali, perché tutti devono avere gli stessi diritti, dei diritti che per anni sono stati negati a queste persone, nonostante siano esseri umani, solo perché considerate "diverse", un termine crudele che non può essere associato ad un essere umano solo perché secondo una società tradizionalista una donna ed un uomo sono "l'accoppiamento perfetto".
Una proposta che potrebbe essere utile per migliorare questa situazione, potrebbe essere introdurre in tutte le scuole degli incontri da parte di associazioni organizzate che possono discutere in prima persona e dibattere con gli studenti che potrebbero avere un'idea opposta, per provare a sensibilizzare i giovani del futuro a non odiare degli esseri umani considerati "diversi" ma che in realtà, ovviamente, non lo sono.
G. MANU